venerdì, luglio 28, 2006
Dulcis in fundo... visita alla famiglia
In Polonia non ho più molti parenti. La maggior parte della famiglia, per motivi politici, non è rientrata in Polonia alla fine della guerra, e ora vive a Londra. Un po' per via di mio nonno e di Katyn, un po' perché dalla parte di mia nonna non avevano più una casa visto che dopo la guerra la Polonia da cui venivano loro è passata all'Ucraina.
A Knurow però, non lontano da Gliwice, ho ancora un po' di famiglia. Sono stata lì mercoledì, ospite di una mia cugina di 3° grado, credo, Elzbieta. Elzibieta ha 4 figli stupendi, simpaticissimi, che mi chiamavano "Ciocia" zia... !!! Oddio, nessuno mi aveva chiamato mai Ciocia (e neppure zia...).
Elzbieta mi ha portato a vedere ogni posto dove era stato mio nonno: la prima casa dove avevano abitato, quella dove si sono trasferiti successivamente, le scuole dove era andato, l'ufficio postale, la chiesa... tutto. E' stato bellissimo, e per un viaggio in cui ho sentito tantissimo la mancanza di mio nonno - che ci ha lasciati lo scorso febbraio - credo che non potessi sperare in una conclusione migliore.
Knurow, nella sua parte vecchia, sembra un posto d'altri tempi. Le casette delle "kolonie", costruite lì per le famiglie dei minatori - e in generale l'architettura della cittadina ti catapultano in un'atmosfera da vecchi racconti... mi sembrava quasi di vedere mio nonno che da ragazzino tornava a casa dalle vacanze, finito il collegio.
Ho chiacchierato a lungo con sua sorella Malgosia (Margherita). Un tipo vivace, sull'ottantina passata, che ci ha preparato una torta alle fragole squisita. Mi ha raccontato di quando mio nonno era ragazzino, della mia bisnonna, di tutta la famiglia. E' strano come con la famiglia, non ti sei mai visto (io e Ciocia Malgosia ci eravamo parlate per telefono una volta nove anni fa), e comunque senti un legame.

Foto 1 la prima casa della famiglia di mio nonno a Knurow. Foto 2 la miniera di carbone.
 
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In "pellegrinaggio" a Czestochowa
Lasciamo stare l'incidente di Katowice. Questi ultimi due-tre giorni in Polonia sono stati eccezionali. Intensi. Indimenticabili.
Martedì, visita a Czestochowa, a prendermi una bella benedizione prima del Cammino di Santiago... Czestochowa è una città luminosa, piena di positività. In netto contrasto con la realtà industriale di Katowice - sebbene lungo il tragitto in treno io abbia perso il conto delle miniere di carbone...
Il santuario di Jasna Gora è un posto così pieno di spiritualità e di emozioni che dopo averlo visitato non è difficile capire come mai vengono in pellegrinaggio qui da ogni parte della Polonia (e non solo). Cercherò di parlarne in poche righe pur sapendo che se è già difficile parlare di queste cose, figuriamoci quando si cerca di sintetizzare delle emozioni così particolari...

Come già altre volte (a Loreto, a Lourdes...) ho vissuto dei momenti che difficilmente dimenticherò. A Loreto, in un periodo in cui mi ero allontanata, in un periodo di scetticismo, mi sono riavvicinata senza neppure sforzarmi di farlo, tanto era forte il senso di spiritualità, e la forza delle preghiere fatte prima di me nella cappella della Madonna. Una spiritualità quasi palpabile.
A Lourdes è stato diverso. Mi ricoderò di Lourdes forse perché, come è accaduto a tante altre persone, lì ho avuto una vera e propria ispirazione, riuscendo a vedere davanti a me qual è il mio percorso futuro e cosa potrei fare per gli altri (non sto a dire qui cosa ho "visto", ma ammetto che la parte difficile poi sta ovviamente nel mettere in pratica tutto questo giorno dopo giorno).
Infine, a Czestochowa, come mai prima d'ora ho lasciato le mie preghiere, affidando i miei problemi alla Madonna. "Questi sono i miei problemi, mi affido a te". E sono uscita sentendomi davvero più leggera, il che di certo aiuterà lungo il Cammino di Santiago!
 
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martedì, luglio 25, 2006
News da Katowice
Ieri mattina ho lasciato Cracovia alla volta di Katowice, nella regione della Silesia.
Prime impressioni assolutamente orribili, considerato il fatto che poco ci mancava che venivo picchiata da un ubriaco a cui non bastava lo spazio che gli avevo lasciato lungo il corridoio del treno. Mi e' venuto addosso cominciando a gridare cose che non capivo, ad eccezione di una singola parola, che si pronuncia curva ma qui si scrive in un altro modo, e soprattutto vuol dire tr... Mi ha salvato un ragazzo della mia eta', anche lui ubriaco - girava con una bottiglia di estate' contenente birra - che gli ha detto che non ero di queste parti. L'ubriaco numero uno se ne e' andato via strattonando tutti gli altri che trovava lungo il passaggio.
Erano le 11 del mattino.


Hanno seguito: ricerca di un ufficio informazioni turistiche (inesistente); acquisto di mappa di Katowice; cammino di lunghezza accettabile alla ricerca dell'ostello (gia' prenotato); richiesta inizialmente senza successo di informazioni. Qui NESSUNO sembrava conoscere l'inglese, ne' tanto meno sapere che cosa e' un youth hostel... e dire che il schronisko (pare che cosi' si dica in polacco) fa parte dell'organizzazione internazionale degli ostelli.
E dulcis in fundo, una volta arrivata all'ostello c'e' stato il fatidico incontro con la pazzoide nostalgica dei tempi del soviet... ma di questo parlero' nei prossimi giorni perche' ora mi sta scadendo il tempo nell'internet cafe'.


PS le altre persone incontrate a Katowice, erano tutte carinissime e disponibili.
 
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domenica, luglio 23, 2006
Ecco che fine fanno i Wickett in Polonia...
Dedicato a un grande fan di Guerre Stellari...
 
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sabato, luglio 22, 2006
Gita lungo il Dunajec
Oggi gita lungo il Dunajec, il fiume che in molti punti segna il confine tra Polonia e Repubblica Slovacca (i bagnanti nella foto sono slovacchi a proposito). La gita sulle vecchie zattere di legno dura un po' più di 2 ore, e anche se l'avevo già fatta valeva davvero la pena ripeterla: i paesaggi sono splendidi.

Rispetto all'altra volta in cui ho fatto la stessa gita, siamo andati anche a visitare una piccola chiesa del 15° secolo, a Debno (si pronuncia Dembno). E' la chiesa parrocchiale di un paesino che ha più cicogne (vedi foto) che abitanti (appena 700). Un posto da togliere il fiato, con legno colorato sui soffitti secondo la tradizione gotica e un polittico raffigurante tra gli altri la Madonna e San Michele Arcangelo. Purtroppo era vietato fare foto all'interno, ma vedrò di scansionare le cartoline che ho comprato lì.
 
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giovedì, luglio 20, 2006
Esame più cugina
L'esame è andato bene, almeno credo. Tutto sommato le cose le sapevo fare, quindi salvo qualche immancabile errore di distrazione, ma soprattutto di spelling, dovrebbe essere andato bene. Vai a sapere poi perchè mi pongo il problema...

Oggi pomeriggio mi sono vista con una lontanissima cugina di qui: è la nipote del fratello di mio nonno. Ci siamo incontrate come fanno tutti qui a Cracovia, sotto il monumento di Adam Mickiewicz (Adamczek vedi foto) e abbiamo camminato per ore e ore e ore fermandoci ogni tanto a prendere una cosa da bere o da mangiare.
6 ore sempre insieme per due persone che non si sono mai viste prima... rischiosissimo ma... ci siamo troppo divertite. E' strano come certe volte si crei una sintonia immediata anche tra due persone che si sono sentite appena un paio di volte via email. Inutile dire che abbiamo parlato tutto il tempo in polacco... quindi dovrei pensare che sono già pronta per l'esame orale di domani, o no?

Beh, ora scappo, ho i piedi che sembrano due zattere dopo tutto questo cammino senza scarpe comode...
 
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mercoledì, luglio 19, 2006
Esame in arrivo
Oggi giusto una tappa al museo di Stanislaw Wispianski, e poi di nuovo a lezione... e ora, che sono le 20,32, mi aspetta un bel po' di studio: domani c'è l'esame scritto finale!
Quello orale, almeno il mio esame personale, l'ho passato poco fa: ho parlato in polacco con una cugina mai sentita prima e ci siamo messe d'accordo per la settimana prossima, quando finito il corso andrò a trovare parte della famiglia polacca (dal lato di mio nonno).

Evviva!
 
posted by Unknown at 8:35 PM | Permalink | 0 comments
martedì, luglio 18, 2006
Visita al museo di arte del XX secolo
Oggi pomeriggio sono andata al museo di arte contemporanea polacca (una mezzoretta di cammino dal dormitorio studentesco). Un museo davvero bello con alcune opere particolarmente toccanti (come la Marcia Funebre-Marsz Zalobny di Podkowinski, un'opera del 1894 o la Testa di ragazzo/Glowa chlopca di Gwodeczki, incredibilmente inquietante) e altre che mi hanno invece disturbato (quelle di Katarzyna Kozyra e Marta Deskar che erano semplicemente inquitanti e scomode senza essere attraenti). Mi ha impressionato la sezione dedicata alla Scuola di Cracovia (qui c'è un'importante Accademia delle Belle Arti). Le opere risalivano in grossa parte agli anni Settanta e mi ha impressionato il modo in cui sembrava esserci una certa omologazione a tanta parte dell'arte "occidentale" che si vede tuttora. Un senso di provocazione tout-cour, senza avere grossi contenuti da trasmettere. Non riuscivo a capire questa similarità al peggio dell'occidente quando erano ancora gli anni '70, e al tempo stesso questa mancanza di contenuti in un paese che all'epoca ne avrebbe avute di cose da denunciare... Rimarrò con questo dubbio da spiegare fino al mio ritorno a Roma probabilmente, rincuorata dal fatto che la seconda parte della stessa sala raccoglieva invece opere dello stesso periodo ma evidentemente più dense di significati (Danuta Urbanowicz era la mia preferita tra quelli).
 
posted by Unknown at 11:21 PM | Permalink | 1 comments
Ma cosa mi prende?
Che strano periodo questo. La mia seconda esperienza polacca si sta rivelando completamente diversa da quella passata. Ero venuta senza tutti quei sogni romantici che mi avevano accompagnato lungo il viaggio per Cracovia 9 anni fa, ma forse questa esperienza si sta rivelando ancora più intensa, emotivamente.
Non c'è giorno in cui non capiti una piccola cosa, non veda un piccolo particolare, non ascolti una parola o un suono, che mi commuova alle lacrime. Durante la gita sui monti Tatra, passando accanto ai piccoli paesini della Polonia rurale. Oppure al concerto per pianoforte a cui ho assistito ieri sera ( finendo in lacrime sulla Polonaise n.53 di Chopin). O ancora quando ci siamo messi a cantare alcuni canti tradizionali a lezione. O ancora quando ieri, durante la lezione di letteratura la professoressa ha fatto girare un opuscolo illegale (all'epoca in cui era stato stampato) che parlava di Katyn.

La storia di Katyn è controversa e sconosciuta ai più per motivi molto semplici: per 50 anni i russi hanno negato di avere nulla a che fare con Katyn, dicendo che era tutta colpa dei tedeschi. Nel 1940, in una zona che ora se non erro dovrebbe essere Bielorussia, l'esercito russo ha ucciso alcune migliaia di polacchi, rappresentanti dell'intelligentia polacca. Un genocidio per mano russa fatto con l'intenzione di eliminare la classe dirigente polacca e quindi annichilire la nazione polacca. Qui sono morti il mio bisnonno, padre di mia nonna, e anche altri parenti di mia nonna. Qui sarebbe dovuto morire anche mio nonno ma miracolosamente ha fatto parte di quei 120 appena che si sono salvati.
Per 50 anni i russi hanno detto che erano stati i tedeschi, i colpevoli di Katyn. Durante questo massacro avevano infatti utilizzato armi tedesche acquistate tempo prima - durante un periodo di alleanza tra i due paesi - e sulla base di queste armi avevano continuato a dire che erano stati i tedeschi.
In Polonia, ai tempi del regime sovietico, Katyn non si poteva neppure menzionare, così pubblicazioni come quella che mi è passata tra le mani ieri erano pericolosamente illegali. E mio nonno, in quanto testimone oculare, era un "personaggio scomodo". Per questo, dopo la guerra, sarà venuto in Polonia giusto un paio di volte, non di più.

Ora mio nonno non c'è più, e in ogni luogo, qui, sento una nostalgia assurda. Vedo posti che lui magari non ha neppure visto, o dove comunque non è passato per decenni e decenni e decenni, eppure tutto qui mi sembra carico di questa mancanza. Non so proprio come spiegarlo.

Nella foto un'immagina scattata durante l'intervallo del concerto dell'altra sera.
 
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lunedì, luglio 17, 2006
Delle abitudini in bagno
Questo post potrà, per alcuni, sembrare orrendo.
Anni fa, quando ai tempi dell'Erasmus, in Olanda, nel bagno del dormitorio studentesco mi sono trovata di fronte a un cartello con su scritto, in inglese, "Please use the toilet brush, it is there for a reason", mi era venuto da ridere e da arrossire al tempo stesso. Ma serviva proprio scriverlo?

Quasi 8 anni dopo, mi sono trovata a lasciare un post it nel bagno della camera e delle altre (in tutto siamo in 4 a condividere il bagno), un post it con scritto "Please use the toilet brush!!!". E ora dico: "sì, certe volte, è davvero indispensabile".
Considerando che non ero io il problema quella volta, e neppure questa - per fortuna la mamma mi ha spiegato da tempo a cosa serve lo spazzolone!!! - è giusto chiedersi quale possa essere l'elemento comune tra le due esperienze, così distaccate nel tempo e nello spazio.

Risposta all'arcano: in entrambi i casi il 50% della popolazione era statunitense. Papale papale.
Ora mi chiedo, sapranno almeno leggere?!?!?!???

PS a scanso di equivoci, c'è pure una canadese...
 
posted by Unknown at 2:55 PM | Permalink | 2 comments
sabato, luglio 15, 2006
Neppure un viaggio attorno al mondo
Da lontano posso sentirti
Senza temere che anche
Solo le parole su uno schermo
Mi facciano rimpiangere
Quello che immaginavo ci fosse tra noi.

Sarà così anche quando tornerò?
Riusciranno poche settimane di distanza
A far perdere di significato una canzone,
Un profumo?

Quanti luoghi dovrò vedere?
Quante immagini dovrà immagazzinare
La mia memoria? Quanti profumi?
Quante voci ancora, prima che io smetta
Di sentire la tua tra mille?
 
posted by Unknown at 11:07 PM | Permalink | 0 comments
Gita sui monti Tatra
L'inizio del sentiero sui monti TatraL'ultima volta (9 anni fa) ci avevano portato a Jezioro Morskie Oko, un piccolo lago non distante da un ghiacciaio, su in alto, sulle montagne sopra Zacopane. Non un sentiero, ma una strada che quando era sterrata era comunque ben battuta.
Oggi a tradimento ci hanno portato a fare un vero trekking di montagna, con un dislivello di centinaia e centinaia di metri... Il sentiero in molti tratti costeggiava un piccolo torrente che più in alto, come abbiamo visto qualche ora dopo la partenza, faceva un sprima della grande salitaalto di una 30ina di metri. Sentieri splendidi, ripidi, scivolosi in alcuni tratti, in mezzo a una foresta spesso molto fitta. Splendido.
Il tutto intervallato dai commenti imbecilli di certi americani, del tipo "ma perché visto che ci vengono i turisti qui non ci costruiscono una scala?" oppure "quando finisce questa roba che io voglio andare a fare shopping?" Oppure scelte di vita, chiamiamole così, difficilmente condivisibili, come quella della tipa che è venuta a fare il trekking con i sabot (si scrive così)??? vedi foto... (la foto è un po' mossa ma nn potevo certo chiederle di mettersi in posa!)

Certe volte questi americani mi fanno venire i brividi - per usare un eufemismo.

Poi c'è il tipo che deve sempre commentare, che deve sempre tradurre tutto per tutti, che deve sempre spiegare a tutti quello che sta succedendo. Che non capisce che il bello della montagna è il silenzio, "disturbato" solo da qualche uccellino, o dal fruscio degli alberi, fitti fitti.
E poi, almeno nelle foto, ci sono io.

 
posted by Unknown at 9:17 PM | Permalink | 0 comments
venerdì, luglio 14, 2006
Ma quanto è simpatico...
l'accento giapponese quando si parla in polacco?
In classe con me ci sono (tra le altre), una ragazza giapponese simpaticissima con cui sono uscita stasera insieme a Daria (russa). Serata ultra-piacevole, con visita in un caffé (kawiarnia) del centro dove non ho resistito a una fetta di torta ai lamponi - la mia prof di polacco dice che i lamponi polacchi sono i migliori in assoluto, e mi sa che ha ragione.
Siamo andate in questa piccola caffetteria, insomma, di nome Camelot, in una traversa di via Sw. Jana. Un locale carino, con candele su ogni tavolo e curiose sculture di legno poi colorato sui mobili che compongono l'arredo, sugli scaffali e via dicendo. Sculture ricollegabili alla tradizione montana polacca, avrei detto a prima vista, ma con un chiaro accento grottesco... purtroppo non ho fatto foto dentro al Camelot ma me le farò girare da Daria.
Per ora ecco un paio di foto di Cracovia di notte
 
posted by Unknown at 9:10 PM | Permalink | 0 comments
martedì, luglio 11, 2006
La melodia della parola scritta
Chi ha sentito parlare in polacco qualcuno, saprà che il polacco non è certo una lingua di per sé melodica come l'italiano. Eppure in queste settimane in cui sto abbinando alle lezioni di lingua mattutine, un corso pomeridiano di letteratura polacca, sto scoprendo una dimensione completamente nuova di questa lingua.

All'inizio del corso, la prof (Ewa Nowatowska, dell'università di Cracovia), aveva detto che il polacco è una lingua di poesia, piuttosto che di narrativa. Cosa intendeva dire l'ho scoperto solo col passare dei giorni, passando dalla lirica di Jan Kochanowski, e la sua "perfezione" rinascimentale, ai poemi romantici di Mickiewicz... "Litwo, ojczyzno moja".

Di solito leggiamo i testi in inglese (li legge qualche ragazza americana a mo' di lettura in chiesa...) e poi li legge in polacco la professoressa Nowatowska [seguono i commenti più o meno banali degli studenti americani - tutti universitari ma il livello è quello di un I liceo classico italiano].

Con i lamenti di Kochanowski mi sono ritrovata con le lacrime agli occhi: poche parole piene di figure aprivano una breve poesia alle dimensioni di un poema epico. E un ritmo dei versi capace di creare, in poche righe, un'empatia col personaggio da togliere il fiato.

Sarà per questo che ieri sera, in giro per il centro, mi sono trovata da Empik (l'equivalente polacco della Feltrinelli) e ho comprato 3 libri in polacco, di autori contemporanei?
Ma soprattutto, riuscirò davvero a leggerli?
 
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venerdì, luglio 07, 2006
un po' di jazz
In attesa che cominci il festival del jazz (Festival Jazzowy) qui a Cracovia la settimana prossima, sono andata ad ascoltare un po' di jazz dal vivo in uno dei tanti locali dove si suona questa musica. Il posto si chiama Jazz Club u Muniaka, e si trova in alcune vecchie cantine del XIV secolo. Ogni fine settimana suona una band che include anche Janusz Muniak, uno dei sassofonisti (sax tenore) più famosi del paese. Un jazz "tranquillo" piuttosto tradizionale, senza chiassose jam session ma pieno di melodie che ricordano qualcosa, ma cosa?

Cracovia di notte è uno splendore, una città che si tinge tutta d'oro, e in queste calde serate estive si può passeggiare tranquillamente, passando accanto ai tanti locali con i tavolini fuori, sul Rynek Gowny.
 
posted by Unknown at 4:28 PM | Permalink | 0 comments
giovedì, luglio 06, 2006
Finalmente al Rynek Glowny
Finalmente ho trovato l'occasione per fare un giro nel centro storico. Tra una lezione di grammatica polacca (!!!) e il corso di letteratura polacca (uno dei corsi più appassionanti mai frequentati finora visto che la prof è riuscita a trasmettere appieno quanto la storia della Polonia ne abbia influenzato la letteratura e quanto la letteratura riesca a riassumere meglio di qualunque altra cosa, inclusa la storia stessa, cosa significa essere polacchi), sono andata in centro a fare due passi attraverso il Rynek Glowny (la piazza principale, quella del mercato), Sukiennicy (piena di bancarelle di prodotti artigianali e di ambra) e il Kosciol Mariacki. Purtroppo sono arrivata solo alla fine del pezzo suonato dal trombettista sulla torre della chiesa, perciò ne parlerò meglio nei prossimi giorni e magari pubblicherò pure un filmato per far capire meglio di cosa si tratta. Per il momento, giusto un paio di foto.
 
posted by Unknown at 9:02 PM | Permalink | 1 comments
mercoledì, luglio 05, 2006
Avere le spalle larghe, coperte
Oggi ho scoperto che questo modo di dire in polacco ha assunto tutt'altro significato rispetto a quello italiano. Complice il regime comunista.
Avere le spalle coperte qui significava necessariamente, ai tempi del regime, che avevi qualcuno che ti faceva la raccomandazione, magari per farti trovare il lavoro.

 
posted by Unknown at 3:50 PM | Permalink | 2 comments
Il tifo da lontano
Un locale con maxi schermo a due passi dal dormitorio studentesco. 90% polacchi, 10% stranieri (di cui ben 4 italiani): totale 100% di tifo per l'Italia.

Mai stato così bello guardare una partita! E' proprio strano come anche una come me - che di calcio di regola non si interessa proprio - diventa tifosa quando è lontana da casa.

PS la manciata di tedeschi con bandiera germanica incrociati all'uscita del dormitorio, prima della partita, non si sono visti al ritorno...
 
posted by Unknown at 12:05 AM | Permalink | 0 comments
martedì, luglio 04, 2006
Ho internet in camera!!!!
Quante cose sono cambiate rispetto a nove anni fa, una su tutte... ho internet in camera! E' bastato attaccare un cavetto Ethernet e ora posso navigare gratis quanto mi pare!
 
posted by Unknown at 4:56 PM | Permalink | 0 comments
lunedì, luglio 03, 2006
You don’t look so old! Non sembri così vecchia!
La mia compagna di stanza ha 18 anni. Le ragazze nella stanza accanto ne hanno tra i venti e i ventidue. Una di queste, Marta, quando ha saputo che ho 28 anni (ho evitato di dire che a settembre ne compio 29...) ha esclamato con la mascella a terra:
“You don’t look so old”.

A quanto pare ne dimostro massimo 24, ma soprattutto, a quanto pare a 28 anni sei old.
 
posted by Unknown at 4:31 PM | Permalink | 0 comments
Prosze pani
Tanto per cambiare l’arrivo a Cracovia è stato alienante. Tempo tre secondi e ho dovuto mettere all’opera il poco polacco conosciuto. “Prosze pani [mi scusi signora], da che parte vado? La stazione degli autobus è da una parte, il centro città è dalla parte opposta. Ma è possibile che non c’è neppure un ufficio di informazioni turistiche dentro alla stazione centrale? Solo tanti chioschi di ostelli, e se ti azzardi a dire che il posto per dormire già ce l’hai, le ragazze non ti calcolano più, mentre l’unico ragazzo “ostellaro” che ho incontrato è stato più che gentile. (!!!)

Come la prima volta che sono venuta qui, nove anni fa, appena arrivata mi sono sentita completamente persa. Nessuno che ti sapesse dire che autobus prendere. Nove anni fa, avevo, guarda caso, rimediato un passaggio sul pulmino di uno degli ostelli. Anche allora erano quelli gli unici, veri punti di riferimento.

Dopo chilometri e chilometri a piedi, con in spalla uno zaino da 50 litri e 11 chili, uno zainetto a mo’ di marsupio e in mano la borsa del computer, sono finalmente arrivata alla fermata del tram, quella giusta. Biglietto in mano e tutto il resto. Tram n. 4, 6 fermate come aveva consigliato una signora (Prosze pani), e poi ancora un pezzo a piedi, chiedendo, di quando in quando, una rassicurazione del fatto che la strada fosse quella giusta (Prosze pani).
Alla fine, “Prosze pani” l’avrò detto una decina di volte in un’oretta appena.

Finalmente, alle 6,30 pm sono arrivata a Piast, il dormitorio studentesco dove passerò le prossime 3 settimane.
La prossima volta (se ci sarà), prendo il taxi.
 
posted by Unknown at 3:29 PM | Permalink | 0 comments
sabato, luglio 01, 2006
Un buon inizio
di Slawka G. Scarso

Il signor Negri, un uomo sulla settantina, sordo da cinque anni e grigio da sempre, si alzò quella mattina con le intenzioni molto chiare: avrebbe cominciato a scrivere la sua biografia.

Una volta preso il caffé, si recò nel suo studio, tirò fuori da un cassetto un quaderno vuoto con le righe grandi della quinta elementare e una penna ancora racchiusa nella sua confezione originale. Poi si sedette, sistemando la sedia ben vicina alla scrivania.

Iniziò il quaderno scrivendo il suo nome nella copertina interna, a lettere chiare, in stampatello. Sbarrò con due brevi segni, perfettamente paralleli, la riga dove occorreva indicare la classe. Scese con lo sguardo alla riga sotto, quella della materia. Fissò la riga vuota per alcuni secondi.
Si guardò attorno per un po', poi finalmente le parole affiorarono nella sua testa e contemporaneamente si impressero sulla carta.
“Un buon inizio,” scrisse.

Soddisfatto del titolo che aveva dato alla sua biografia, chiuse il quaderno e si alzò.
Una decina di minuti dopo la signora Matilde, la governante che da più di trent’anni si prendeva cura della sua casa, si affacciò nello studio vuoto. Notò subito il quaderno appena iniziato. Si avvicinò alla scrivania, aprì il quaderno e lesse il titolo alla riga della materia. Un sorriso nostalgico sbocciò sul suo viso. Lentamente, senza che lei potesse fare nulla per fermarlo. Richiuse il quaderno.

Si diresse alla finestra, poco distante dalla quale si trovava un cavalletto. Poggiata sul cavalletto una tela con su dipinti pochi tratti in un’unica tinta. Nessun altro colore sulla tela, nessuna sfumatura: solo i contorni del paesaggio fuori dalla finestra. La signora Matilde prese la tela, e se la mise sotto braccio. Piegò il cavalletto e lo prese sotto l’altro braccio.
“Tornerò a prendere anche te, tra poche settimane,” disse al quaderno.

Proseguì quindi lungo il corridoio verso il grande salone. Quando entrò si fece largo tra kit del fai da te usati una sola volta; un mucchio di creta informe; il contorno di un puzzle da 5 mila pezzi; un violino, un oboe, un trombone e un pianoforte, ciascuno suonato una volta appena; un pezzo di legno con intagliata la sagoma di un cavallo a dondolo; e almeno un migliaio di libri di cui sapeva che erano state lette solo le prime pagine.

“Un buon inizio”, sussurrò pensando al titolo del quaderno del signor Negri e sorrise rendendosi conto che quella biografia appena iniziata era l’unica opera che aveva completato.
 
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